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La Costituzione

Un po' di storia...

La storia della Costituzione Italiana è una storia antica, il primo esempio italiano di testo costituzionale fu la Costituzione siciliana del 1812, una carta di modello inglese approvata in seduta straordinaria dal Parlamento del Regno di Sicilia. Viene introdotto un sistema parlamentare bicamerale, la Camera dei Comuni di rappresentanti eletti e la Camera dei Pari ecclesiastici, militari e aristocratici a carica vitalizia. Questo modello arcaico di parlamentarismo venne soppressò dopo due anni con la nascita del Regno delle Due Sicilie. ​

 

Poi viene il 1848, il periodo delle rivoluzioni della primavera dei popoli, alcuni sovrani della penisola italiana concessero dei documenti, lo statuto napoletano di ispirazione rivoluzionaria francese, lo statuto dello Stato della Chiesa, che manteneva comunque il cattolicesimo come religione di Stato, dava indipendenza alla magistratura e concedeva un inizio di libertà personali ai propri cittadini e nel Regno di Sardegna il re Carlo Alberto di Savoia concesse lo statuto albertino, il documento su cui poi si fonderà il regno d’Italia nella sua Unità, in Sicilia, contrariamente alle costituzioni ottriate degli altri casi, si formò un regno autonomo la cui Costituzione rendeva, per la prima volta, le camere parlamentari stampo elettivo e conferiva al re il potere esecutivo in appoggio da ministri da lui nominato, si tratta di un primo esempio di costituzione “rigida”, ovvero il cui cambiamento avviene per procedura aggravata e maggioranze qualificate.

 

Ma il documento che realmente ci interessa è lo Statuto Albertino.​Lo Stato sabaudo diventava con questa una monarchia costituzionale ereditaria con una concessione di potere popolare tramite la rappresentatività, il re deteneva la sovranità che si autolimitava trasformandosi in principe costituzionale. Ha natura flessibile, ovvero è un documento modificabile con un atto legislativo ordinario, infatti, grazie a questa sua caratteristica l’Italia poté passare da una monarchia costituzionale a una forma di monarchia parlamentare sul modello delle istituzioni inglesi. È un documento breve, enuncia i diritti e individua la forma di governo, tra i diritti riconosciuti vi era il principio di uguaglianza, la libertà individuale, l’inviolabilità del domicilio, la libertà di stampa e la libertà di riunione. I capo dello Stato era il re a cui i ministri rispondevano, il monarca è chiamato a rispettare le leggi ma non poteva essere oggetto a sanzioni penali ed era l’organo in cui si realizzava il potere esecutivo. Il Consiglio dei ministri era composto da membri di nomina regia e il Parlamento aveva solo la funzione legislativa. La struttura bicamerale aveva il Senato subalpino, nominato dal re, e la Camera dei deputati, eletta su base censitaria maschile. Dopo il 1861 e dell’unità d’Italia questo testo venne esteso a tutto il territorio del Regno.​

 

Ci spostiamo a dopo la Prima guerra Mondiale, un periodo rivoluzionario per l’esperienza costituzionale, vediamo la concretizzazione di esperienze come la Seconda repubblica spagnola o la repubblica di Weimar, in Italia però il processo non è stato quello repubblicano. La mancata rigidità dello statuto permise, pur essendo irrevocabile nei principi, a una graduale deviazione verso un regime autoritario: le opposizioni al PNF vennero bloccato o eliminate, la Camera dei deputati fu sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni, venne abolito il diritto di voto e altre libertà come la stampa che venne piegata allo Stato fascista o di riunione. Nel ventennio fascista il partito non si creò mai una propria costituzione e lo Statuto rimase formalmente il documento fondamentale su cui si reggeva lo Stato italiano, seppur svuotato nella sostanza, tra gli esperti c’è chi sostiene che la prima violazione avvenuta per mano del PNF dello Statuto fu già la nomina di Mussolini a Presidente del consiglio perché estorta con la forza e rappresentante di una piccola minoranza parlamentare.

 

Dopo il 25 luglio 1943 e l’estromissione di Benito mussolini dal governo il re Vittorio Emanuele III e il Maresciallo Pietro Badoglio, nuovo presidente dell’esecutivo, ripristinarono alcune libertà dello statuto iniziano un “regime Transitorio” di 5 anni che accompagnò il Regno d’Italia fino all’entrata in vigore della nuova Costituzione della Repubblica Italiana. Trovandosi ancora in una situazione di guerra le divergenze nate dal ricomparire dei partiti antifascisti e l’attrito con la monarchia considerata compromessa si arrivò alla delineazione di una “tregua istituzionale” che richiedeva il trasferimento dei poteri regi all’erede che non diventava re ma luogotenente del regno”. Il 2 giugno del 1946, conclusasi la guerra, la cittadinanza tutta, maschile e femminile, venne chiamata a suffragio universale a votare la forma istituzionale, monarchia o repubblica, e l’Assemblea costituente, incaricata di scrivere la Costituzione.

«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.»

Piero Calamandrei, discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria, 26 gennaio 1955​

 

Il referendum pre-costituzionale contò una partecipazione dell’89% degli aventi diritto con più di 12milioni di voti a favore dello stato repubblicano. In quest’occasione venne votata anche l’Assemblea costituente e, dopo anni di unità sotto il Comitato di Liberazione Nazionale, i partiti prima clandestini, si divisero e fu possibile vedere la loro rappresentatività. L’Assemblea costituente contava 556 seggi in 31 collegi elettorali diversi. 

 

​Democrazia Cristiana (DC): 35,2%

Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSI): 20,7%

Partito Comunista Italiano (PCI): 18,9%

Unione Democratica Nazionale (coalizione di tradizione liberale): 6,8%

Partito Repubblicano: 4,4%

Partito d’Azione: 1,5%​

Oltre ai partiti del CLN, in contrapposizione, ci furono i voti dei nostalgici del regime:

Fronte dell’Uomo Qualunque: 5,3%

Blocco Nazionale della Libertà (coalizione conservatrice e monarchica): 2,77%​

 

L’Assemblea costituente, una volta insediata, nominò 75 membri per la Commissione per la Costituzione, questi erano incaricati di stendere il progetto generale della carta. A sua volta la commissione si suddivise in tre sottocommissioni: diritti e doveri dei cittadini (presieduta da Umberto Tupini – DC), organizzazione costituzionale dello Stato (Umberto Terracini – PCI) e rapporti economici e sociali (Gustavo Ghidini – PSI). La nascente Carta aveva alla base due concezioni costituzionali e politiche alternative, una individualista di tipo occidentale di ispirazione rousseauiana e una statalista di tipo hegeliano. Il motivo di queste due anime si trova nel principio espresso da Giorgio la Pira:​

Per il pieno sviluppo della persona umana, a cui la nostra Costituzione doveva tendere, era necessario non soltanto affermare i diritti individuali, non soltanto affermare i diritti sociali, ma affermare anche l'esistenza dei diritti delle comunità intermedie che vanno dalla famiglia sino alla comunità internazionale.​

Nel febbraio del 1947 il progetto venne portato di fronte all’Assemblea e il dibattito sulla carta continuò fino al dicembre successivo, su impianto generale e singoli titoli e norme. La discussione portò molte modifiche, anche rilevanti, ma non toccò mai la struttura più essenziale del documento. Il 22 dicembre del 1947 il testo definitivo venne approvato con 453 voti favorevoli, 62 contrari e 0 astenuti su 515 votanti. La Costituzione della repubblica Italiana fu promulgata il 27 dicembre del 1948 ed entrò in vigore il 1° gennaio del 1948.​

L'avvento delle costituzioni:

Lo Statuto Albertino:

Il Ventennio Fascista:

ll percorso per una nuova idea di Italia:

L'Emblema della Repubblica

Stella d'Italia:  è il più antico simbolo patrio d'Italia, si trova già in letteratura greca e tradizioni romane. È un simbolo ripreso anche dal risorgimento.

Ruota dentata:  è il simbolo del lavoro, alla base della Repubblica.

Ramo di quercia (a destra)simbolo di forza e dignità del popolo italiano.

Ramo di ulivo (a sinistra)rappresenta la volontà di pace dell'Italia.

«Composto di una stella a cinque raggi di bianco, bordata di rosso, accollata agli assi di una ruota di acciaio dentata, tra due rami di olivo e di quercia, legati da un nastro di rosso, con la scritta di bianco in carattere capitale "Repvbblica Italiana"»

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