
L'INVASIONE DELLA POLONIA
Il 1° settembre 1939 iniziò l'invasione della Polonia. Alle 04:26 tre Ju 87 bombardarono un ponte sulla Vistola per chiudere la via d'accesso ai tedeschi. Alle 04:40 fu bombardata la città polacca di Wieluń, e poco dopo la nave da battaglia tedesca Schleswig-Holstein attaccò il deposito di munizioni nella fortezza di Westerplatte. Alle 04:45 le artiglierie e gli aerei si scagliarono contro i loro obiettivi. A nord, una nebbia molto fitta limitò i danni delle prime incursioni, mentre a sud i bombardamenti aerei danneggiarono le linee ferroviarie, ostacolando il trasporto dei soldati.
La 3ª armata tedesca avanzò da nord verso Varsavia e in direzione sud-ovest con lo scopo di unirsi al XIX corpo corazzato e alla Panzer-Division "Kempf", che avanzavano da ovest. Danzica fu occupata dalla brigata Eberhard, composta da Waffen-SS, con l'appoggio di milizie locali filo-naziste. A sud, l'8ª armata avanzò verso Łódź per accerchiare le forze polacche e proteggere il fianco della 10ª armata che puntava verso Varsavia, mentre la 14ª si dirigeva a Cracovia. Il meteo favorevole favorì gli attacchi aerei.
Le forze polacche non avevano linee di difesa mobili o progressive e furono superate dai carri armati e circondate dalla fanteria. La resistenza polacca a Mokra riuscì a respingere per tutta la giornata gli attacchi della 4ª divisione corazzata e della fanteria tedesca. Il 2 settembre i tedeschi chiusero due divisioni di fanteria e una brigata di cavalleria della Pomerania nella tenaglia a base del corridoio, con circa 150 resistenti che continuarono a combattere. Il 3 settembre, i tedeschi riuscirono a conquistare Mława.
A sud, gli attacchi proseguirono velocemente, conquistando un ponte sul fiume Warte. A Varsavia, il comando dell'esercito polacco si ritrovò tagliato fuori dalle linee di comunicazione con le armate che stavano ripiegando. Il 3 settembre cominciò con l'ultimatum della Gran Bretagna alla Germania, in cui si intimava di ritirare le truppe dalla Polonia entro due ore. In caso contrario, la Gran Bretagna sarebbe entrata in guerra. Anche la Francia consegnò il proprio ultimatum con scadenza per il giorno successivo, ma l'entrata in guerra fu anticipata alle 17:00 dello stesso giorno.
Con le due potenze occidentali ufficialmente in guerra, le 33 divisioni del Heeresgruppe C completarono il loro schieramento alle frontiere con Belgio e Olanda. Alle 21:00, il sommergibile tedesco U-30 affondò la nave britannica SS Athenia, provocando la morte di 112 persone, di cui 28 cittadini statunitensi, suscitando l'indignazione del governo USA.
L'8 settembre, la 4ª divisione corazzata raggiunse il limite del distretto di Varsavia, ma venne fermata dall'artiglieria e dai carri armati polacchi, costringendo la divisione ad aspettare l'arrivo dell'artiglieria tedesca. Il maresciallo Śmigły-Rydz autorizzò un attacco contro la 30ª divisione di fanteria tedesca per 3 giorni. Il 10 settembre ordinò la ritirata e il 12 settembre le forze rimanenti tentarono di dirigersi verso Varsavia per creare una linea difensiva. Nei giorni successivi, l'esercito polacco, accerchiato dai tedeschi a Bzura, tentò di spezzare l'anello di assedio. La Luftwaffe bombardò costantemente le truppe intrappolate. Gli assalti tedeschi terminarono il 18 settembre, quando i superstiti polacchi si rassegnarono.
Nel frattempo, a Varsavia, tre divisioni tedesche avanzavano nei quartieri periferici a ovest. Il 12 settembre, la 3ª armata sfondò le linee difensive a nord. La cavalleria polacca tentò un ultimo assalto contro i panzer, venendo quasi completamente annientata. I pochi sopravvissuti si ritirarono verso il centro della città per aumentare il numero di soldati, ma i tedeschi avevano già accerchiato Varsavia. Il 16 settembre fu data la possibilità di resa a Varsavia, ma venne respinta. Hitler ordinò quindi di conquistare la città con tutte le forze disponibili.
Il 17 settembre, il generale Walther von Brauchitsch proclamò la fine della campagna di Polonia, a operazioni ancora in corso, poiché l'esercito polacco si trovava a combattere su due fronti a causa dell'attacco sovietico iniziato l'11 settembre. Nei giorni successivi, le forze tedesche attaccarono Varsavia con nove divisioni, bombardamenti aerei e un intenso fuoco di sbarramento. Il 20 settembre, l'esercito entrò a Praga ma fu respinto dalla resistenza e dai civili. Il 22 settembre, Hitler ordinò un attacco da ovest, costringendo i profughi a fuggire nel territorio sovietico.
Il 25 settembre, i tedeschi entrarono a Mokotów e Praga. Il giorno dopo, il generale polacco chiese di negoziare la resa, ma la richiesta venne rifiutata dai tedeschi. Il 27 settembre iniziarono le trattative per la resa di Varsavia; i combattimenti cessarono e il 28 settembre 1939 fu firmata la definitiva capitolazione della capitale con l'ingresso delle truppe tedesche in città.
IL MASSACRO DI KATYN
Il 19 settembre 1939, il Commissario di Primo Grado della Sicurezza dello Stato, Berija, ordinò l'apertura dei campi di detenzione per i prigionieri polacchi. Dal 3 aprile al 19 maggio 1940 furono assassinati circa 22.000 prigionieri di guerra, e solo 395 si salvarono.
Tra i campi di detenzione, c'era quello di Kozelsk (una cittadina russa situata a sud-ovest di Mosca), i cui prigionieri furono portati appositamente nella foresta di Katyn', nella contea di Smolensk (situata a ovest, più vicina al confine con la Bielorussia) per essere eliminati. I trasporti iniziarono solo dopo che ogni soldato era stato schedato; i dossier venivano esaminati dalla troika, e i campi avevano l'obbligo di inviare i documenti entro il 16 marzo. Le condanne e i trasferimenti venivano decisi sulla base di quelle liste, sotto il controllo del Dipartimento centrale per i prigionieri di guerra (sotto l'NKVD).
Le informazioni dettagliate che abbiamo sulle uccisioni provengono dall'ex capo del consiglio del distretto dell'NKVD di Kalinin, Dmitrij S. Tokarev, che riferì che le esecuzioni duravano tutta la notte. Il 4 aprile ci fu la prima esecuzione; furono uccise 19 persone, e in seguito altre vennero giustiziate in gruppi da 25 a 33. Le esecuzioni venivano effettuate con pistole Walther PPK, e l'uso di armi tedesche aveva lo scopo di attribuire il massacro ai tedeschi.
Le esecuzioni erano eseguite con meticolosità: venivano verificati i dati anagrafici del condannato, che poi veniva portato in una cella isolata dove gli sparavano immediatamente sulla nuca, facendo in modo che il rumore dello sparo fosse confuso con quello di macchine rumorose, probabilmente ventilatori. Il corpo veniva poi trasportato su un camion e gettato in una fossa comune.
A Smolensk, la procedura era invece differente: i prigionieri venivano portati direttamente alle fosse e uccisi con un colpo di pistola. Il massacro non fu scoperto fino all'aprile del 1943, nonostante i generali polacchi avessero chiesto informazioni sui loro ufficiali a Stalin, che rispose in modo evasivo, suggerendo una presunta fuga in Manciukuè.
Quando la Wehrmacht, con l'aiuto degli abitanti locali, scoprì le fosse comuni con oltre 4.000 corpi di ufficiali polacchi, colse l'opportunità di utilizzarlo per cercare di dividere l'URSS dalle forze alleate. Il 13 aprile 1943, annunciarono alla Radio Berlino il ritrovamento della fossa, ma gli Alleati ne erano già a conoscenza, avendo intercettato e decifrato le trasmissioni radio sovietiche. I sovietici negarono le accuse, sostenendo che i prigionieri fossero stati impiegati in lavori di costruzione a ovest di Smolensk e che fossero stati giustiziati nell'agosto del 1941 dalle unità tedesche. Tuttavia, sia le indagini tedesche che quelle della Croce Rossa Internazionale sui corpi confermarono che le uccisioni risalivano all'inizio del 1940, quando ancora il territorio era sotto il controllo sovietico, senza però riuscire a spiegare la presenza di proiettili tedeschi nei corpi.
In seguito alle richieste di un'inchiesta sulle responsabilità del massacro, Radio Mosca annunciò il 23 aprile 1943 la decisione di rompere le relazioni diplomatiche con il governo polacco in esilio a Londra, accusandolo di collaborare con la Germania nazista.
LA STRANA GUERRA
Nonostante le dichiarazioni di guerra nel settembre del 1939, sul fronte occidentale non ci furono scontri significativi. Questo periodo di stallo terminò bruscamente nel maggio del 1940 con la campagna di Francia. Mentre la maggior parte dell'esercito tedesco affrontava la Polonia, una piccola divisione si schierò lungo la Linea Maginot; dall'altra parte, le truppe francesi e britanniche le fronteggiavano, ma non ci furono che scontri locali. Le prime truppe canadesi arrivarono in Gran Bretagna, ma l'Europa occidentale rimase calma per sette mesi.
Nel frattempo, le nazioni avversarie si scontrarono nella campagna di Norvegia. Cercando di armarsi al meglio, sia la Francia che l'Inghilterra acquistarono armi dagli USA, che, pur rimanendo neutrali, aiutarono gli Alleati con sconti e prestiti sull'equipaggiamento. I tentativi tedeschi di fermare il commercio transatlantico diedero il via alla Seconda battaglia dell'Atlantico. Di solito, la "strana guerra" si considera conclusa con l'attacco della Germania nazista ai Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, il 10 maggio 1940.
LA GUERRA D'INVERNO E LA CAMPAGNA DI NORVEGIA
Durante la "strana guerra" si svolse la Guerra d'Inverno, che vide contrapporsi Finlandia e URSS. Il 30 novembre 1939 l'esercito sovietico assaltò la Finlandia. L'opinione pubblica di Francia e Inghilterra si schierò con la Finlandia, essendo questa una nazione democratica, mentre la Germania si schierò a favore dell'Unione Sovietica e impedì ogni aiuto alla Finlandia, compreso quello italiano. L'Unione Sovietica fu quindi esclusa dalla Società delle Nazioni.
Le discussioni su una possibile spedizione alleata in Scandinavia e l'incidente dell'Altmark del 16 febbraio 1940 (l'abbordaggio del cacciatorpediniere britannico da parte della petroliera tedesca Altmark, che trasportava circa 300 prigionieri nelle acque norvegesi, allora neutrali) allarmarono la Kriegsmarine (la marina militare tedesca), che decise di occupare militarmente la Norvegia.
L'occupazione tedesca iniziò il 9 aprile 1940. La Royal Navy era nelle vicinanze di Narvik e il 10 aprile si verificò la battaglia di Narvik, che causò l'affondamento di due cacciatorpediniere tedesche e due britanniche. Il 15 e 16 aprile le truppe alleate sbarcarono in Norvegia, ma nel giro di due settimane il paese era già sotto il controllo tedesco e le truppe alleate dovettero ritirarsi.
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LA CAMPAGNA DI FRANCIA
Inizialmente, il piano Fall Gelb prevedeva l'invasione del Belgio, forse dei Paesi Bassi, e poi un'avanzata verso sud lungo la Manica, fino alla Normandia e infine Parigi. Tuttavia, un incidente di percorso costrinse Hitler a rivedere i suoi piani. Il nuovo piano tedesco prevedeva che le truppe corazzate attraversassero il Lussemburgo e colpissero la Mosa, sfondando le difese francesi nelle Foreste delle Ardenne, ritenute dal comando francese inaccessibili ai mezzi corazzati. Da lì, le forze tedesche dovevano spingersi verso Boulogne e Calais, sulla Manica, accerchiando le forze alleate schierate tra la Francia e il Belgio.
Nel nuovo piano, c'era la preoccupazione per l'approvvigionamento di armi e carburante per le truppe d'assalto, e per l'esposizione dei fianchi dei carri armati a possibili attacchi. La Wehrmacht impiegò tre gruppi di armate: il Gruppo A, con 45 divisioni, di cui 7 corazzate; il Gruppo B, con 29 divisioni, di cui 3 corazzate; e il Gruppo C, con 19 divisioni, in posizione difensiva sulla Linea Maginot. L'offensiva principale fu lanciata dal Gruppo A attraverso le Ardenne, con il supporto del Gruppo B che, nel frattempo, invadeva Belgio e Paesi Bassi.
Dall'altra parte c'erano 100 divisioni francesi, 15 belghe e 10 olandesi. Il vantaggio numerico però non fu decisivo: la nuova dottrina bellica tedesca mirava a individuare il punto focale su cui travolgere l'avversario. I francesi rimasero sopraffatti dalla violenza e dalla rapidità dell'attacco, non avendo compreso appieno le capacità delle nuove Panzerdivisionen. Inoltre, era impossibile per gli alleati contrastare la potenza aerea tedesca: i francesi disponevano di mezzi antiquati e trascurati, mentre le forze britanniche erano troppo esigue per influire significativamente sulle operazioni.
Il 10 maggio, dei paracadutisti tedeschi furono lanciati sui principali ponti sulla Mosa, a Rotterdam e nella fortezza belga di Eben-Emael, occupando così i punti chiave e facilitando l'avanzata del Gruppo A.
La Luftwaffe ebbe facilmente la meglio sulle forze aeree anglo-francesi. Nel contempo, i paracadutisti furono impiegati in modo massiccio a Rotterdam, dove fronteggiarono il contrattacco di due divisioni olandesi. Gli scontri causarono la morte e la cattura di circa 1.745 Fallschirmjäger, di cui 1.200 furono condotti in Inghilterra. I Paesi Bassi si arresero il 15 maggio; in Belgio, la fortezza di Eben-Emael fu presa in 30 ore. Alle 05:35 del 10 maggio, la XII Armata e il Panzergruppe K sfondarono la difesa francese. Il 14 maggio, due battaglioni francesi corazzati attaccarono le forze tedesche, ma furono respinti dai primi panzer che avevano attraversato il fiume.
La battaglia in Francia fu affrontata dai tedeschi con la stessa tecnica usata in Polonia: accerchiare il nemico in modo veloce e strategico con l'aiuto di forze meccaniche, portando al collasso operativo dei nemici. Tuttavia, i Panzerkorps non avrebbero dovuto causare il collasso da soli, ma avrebbero dovuto aspettare l'arrivo della fanteria.
Il 16 maggio, sia Guderian che Rommel disobbedirono agli ordini e spinsero le loro divisioni all'attacco il più rapidamente possibile. A questo punto, i Panzerkorps si trovavano in una posizione molto vulnerabile: spinti troppo avanti, soffrivano la mancanza di carburante e pezzi di ricambio. L'armata francese, nel frattempo, si stava ancora riprendendo dallo shock dell'attacco. Il 15 maggio, il Presidente del Consiglio francese chiamò Churchill per informarlo che avevano perso. Il primo ministro inglese volò a Parigi il giorno successivo, rendendosi conto della gravità della situazione: le forze francesi erano in netta minoranza rispetto a quelle tedesche. Il 18 maggio, Rommel costrinse i francesi a cedere Cambrai, fingendo un attacco corazzato. Il 20 maggio, i Panzerkorps occuparono Amiens e presero il controllo del ponte più a ovest sul Somme.
Il 21 maggio, un distaccamento della BEF (British Expeditionary Force) tentò di ritardare l'offensiva tedesca, dando vita alla Battaglia di Arras. Questa riuscì ad allentare le forze tedesche e permise il dispiegamento di più unità a sud di Parigi per difenderla. Le 22 divisioni di fanteria e carri francesi attaccarono da sud e da est di Arras, ma furono fermati dalla 32. Infanterie-Division. I tentativi successivi di riconquistare le città occupate dai tedeschi fallirono. Il 23 maggio, John Gort ordinò la ritirata da Arras, non fidandosi del piano francese.
Quel giorno, la I Divisione Panzer attaccò Boulogne e la X Divisione attaccò Calais. La prima città resistette fino al 25 maggio, mentre la seconda cadde in mano tedesca il 27 maggio. Il 24 maggio, Hitler ordinò l'arresto dei panzer, dando il tempo alle forze alleate di rafforzarsi e ritirarsi verso Dunkerque. Il 26 maggio, vedendo le difese rafforzarsi e l'inizio dell'evacuazione, il comando tedesco decise di lanciare le divisioni corazzate. Accerchiati, i britannici lanciarono l'operazione Dynamo e Ariel, evacuando le forze alleate dalla sacca in Belgio e nel Pas-de-Calais.
Il 2 giugno, i tedeschi rinforzarono la loro offensiva e un attacco a sud di Parigi spezzò le difese francesi. Il 14 giugno, le truppe tedesche entrarono a Parigi e il 17, il maresciallo Pétain chiese la resa. I combattimenti continuarono fino al 22 giugno, con la stipulazione dell'armistizio di Compiègne. Parigi e la Francia settentrionale divennero territorio occupato dai tedeschi, mentre nella Francia centro-meridionale, Pétain diede vita al Governo di Vichy.
Il 10 giugno, l'Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, concentrando 22 divisioni e grosse forze di riserva alla frontiera con la Francia, nella pianura padana. Tra il 12 e il 13 giugno, i bombardieri italiani si spostarono verso la Francia meridionale, colpendo Saint-Raphaël, Hyères, Biserta, Calvi, Bastia e la base navale di Tolone. Tra il 21 e il 24 giugno, le forze italiane occuparono una fascia di territorio francese.
BATTAGLIA D'INGHILTERRA
La prima fase della Battaglia d'Inghilterra ebbe inizio il 10 luglio e si svolse principalmente sulla Manica. Le battaglie al largo favorivano i tedeschi, poiché le loro scorte di carburante e munizioni erano sempre maggiori rispetto a quelle degli inglesi. Questi primi scontri servirono ad entrambi i lati per raccogliere informazioni e capire quali aerei, come il Defiant per gli inglesi e il Bf 110 per la Luftwaffe, fossero inadatti per gli scontri manovrati che si sarebbero verificati nelle fasi successive.
Il 12 agosto iniziò la seconda fase, durante la quale gli aerei dell'unità speciale di caccia-bombardieri tedeschi attaccarono quattro stazioni radar. Tre di queste tornarono operative entro sei ore. L'Aldertag, come veniva chiamata questa fase, continuò con una serie di attacchi contro gli aeroporti sulla costa usati dalla RAF per i loro caccia. Durante la settimana, gli attacchi si estesero anche all'interno del paese.
Il 15 agosto fu il "grande giorno", in cui la Luftwaffe lanciò il maggior numero di incursioni di tutta la campagna. È anche il giorno in cui la Luftflotte 5, durante un attacco all'Inghilterra settentrionale, si trovò impreparata, risultando in un gran numero di bombardieri abbattuti. Dopo questa sconfitta, la Luftwaffe subì pesanti perdite, segnando la fine dell'utilizzo del Junkers Ju 87 Stuka e la perdita del principale strumento di bombardamento di precisione per i tedeschi.
Dal 24 agosto iniziò la terza fase della battaglia, la più dura. Si verificò un feroce combattimento tra la Luftflotte 2 e l'11° Gruppo. I tedeschi si concentrarono nel tentativo di annientare il Comando Caccia britannico, e dei 33 attacchi, 24 furono diretti agli aeroporti.
La RAF si trovava in una situazione disperata: oltre agli attacchi agli aeroporti, stava subendo pesanti perdite in volo. La settimana successiva all'Adlertag, avevano perso circa l'80% dei comandanti di squadriglia, tra morti, feriti e chi si ritirava. I piloti faticavano a colmare le perdite, e il periodo di addestramento prebellico fu ridotto da 6 mesi a soli 15 giorni. Il vantaggio degli inglesi risiedeva nel combattere su un territorio amico, mentre i tedeschi, se abbattuti sopra l'Inghilterra, venivano catturati, e se cadevano nella Manica rischiavano di morire annegati o congelati.
La situazione dei rifornimenti per la Luftwaffe era ancora più grave: pur rimanendo in superiorità numerica, il rimpiazzo delle perdite era lento. Il 4 settembre, Hitler tolse il divieto di bombardare Londra, e il 7 settembre iniziarono gli attacchi sulla capitale. Gli obiettivi erano talvolta le installazioni portuali (bersagli militari legittimi), mentre altre volte si trattava di bombardamenti indiscriminati. La RAF, tuttavia, disponeva di forze nettamente superiori rispetto alle aspettative tedesche.
Un aspetto particolarmente negativo della strategia tedesca era la lontananza dalle proprie basi, che rendeva difficile sostenere e rifornire gli attacchi a lungo termine. Il 19 settembre, vista l'impossibilità di battere la RAF, Hitler rinviò a tempo indeterminato l'operazione Leone Marino (l'invasione dell'Inghilterra), ma la battaglia non terminò. Gli attacchi aerei sporadici continuarono fino alla fine dell'anno.
La Battaglia d'Inghilterra fu una vittoria per i britannici: rappresentò il primo fallimento di Hitler e cambiò radicalmente l'opinione pubblica statunitense, che aveva dubbi sulla capacità della Gran Bretagna di resistere a lungo alla Germania.
NEL NORD AFRICA
La campagna del Nord Africa si combatté tra il 1940 e il 1943 in Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco, con gli italiani e i tedeschi da una parte e gli Alleati dall'altra. Il Regio Esercito, forte numericamente ma non sufficientemente equipaggiato, diede inizio alla campagna nell'estate del 1940, entrando in Egitto. Tuttavia, nel dicembre seguente, le forze britanniche passarono alla controffensiva, sconfiggendo l'esercito italiano e occupando l'intera Cirenaica.
Nel marzo del 1941, Adolf Hitler inviò l'Afrikakorps, comandato dal generale Erwin Rommel. Da quel momento, le Panzer-Division svolsero un ruolo decisivo nella campagna per le forze dell'Asse. Nella primavera del 1941, il generale Rommel passò all'attacco e riconquistò la Cirenaica, ad eccezione di Tobruk. Dopo altri successi, le forze italo-tedesche furono sconfitte nell'inverno del 1941 durante l'operazione Crusader, ritirandosi fino al confine della Tripolitania.
All'inizio del 1942, la situazione nel Mediterraneo si volse nuovamente a favore delle forze dell'Asse. La neutralizzazione di Malta aveva alleviato la pressione sui convogli di rifornimento dell'Asse, consentendo l'offensiva in Cirenaica. Alla fine di gennaio, un nuovo contrattacco italo-tedesco scacciò i britannici da El-Agheila e riconquistò Bengasi. Tra il 26 maggio e il 21 giugno, la battaglia di Ain el-Gazala portò alla riconquista di Tobruk e alla cacciata dei britannici dalla Libia. Gli italo-tedeschi proseguirono la loro avanzata, conseguendo una nuova vittoria nella battaglia di Marsa Matruh alla fine di giugno, spingendosi fino a El Alamein, che costituiva l'ultimo ostacolo prima del Cairo.
La prima battaglia di El Alamein vide le forze dell'Asse stremate per l'avanzata e lontanissime dai loro depositi di rifornimento. A settembre, l'esercito britannico attaccò il fronte italo-tedesco, che ancora una volta fu bloccato. La seconda battaglia di El Alamein, che ebbe luogo tra il 23 ottobre e il 3 novembre 1942, vide la Eighth Army sfondare il fronte tedesco, facendo migliaia di prigionieri.
L'8 novembre 1942, truppe statunitensi e britanniche lanciarono l'operazione Torch, sbarcando in Marocco e Algeria. Le forze della Francia di Vichy opposero poca resistenza prima di unirsi alle forze alleate. Nel frattempo, gli italo-tedeschi occuparono la Francia meridionale (operazione Anton), ma a Rommel non restò che ordinare una lunga ritirata verso la Tunisia, abbandonando l'intera Libia nelle mani dei britannici.
La campagna del Nord Africa subì una svolta nell'autunno successivo, quando i britannici vinsero la seconda battaglia di El Alamein, costringendo le forze italo-tedesche a evacuare definitivamente la Libia. Tripoli cadde il 23 gennaio 1943. Con l'afflusso di altre truppe italo-tedesche in Tunisia, le forze dell'Asse riuscirono temporaneamente a fermare l'avanzata alleata. Tuttavia, la situazione delle forze dell'Asse precipitò nella primavera del 1943. Privati di rifornimenti e in schiacciante inferiorità numerica e materiale, le forze italo-tedesche si arresero il 13 maggio 1943, mettendo fine alla campagna del Nord Africa.
I BALCANI
Il 28 ottobre 1940, l'Italia attaccò la Grecia dalle basi dell'Albania. L'attacco fu motivato dal desiderio del Duce di ottenere successi militari paragonabili a quelli di Hitler. Tuttavia, l'operazione fu organizzata frettolosamente, con mezzi e truppe insufficienti, e sferrata in condizioni atmosferiche avverse. L'azione si rivelò molto più complessa del previsto: i greci non solo si difesero con determinazione, ma, sfruttando il terreno, respinsero le truppe italiane e lanciarono un contrattacco.
Intervennero anche i britannici, inviando reparti della RAF a supporto dei greci. Questo preoccupò i tedeschi, poiché gli aerei inglesi stavano sorvolando i campi petroliferi rumeni, da cui le forze dell'Asse si rifornivano.
Il 6 aprile 1941, l'Asse iniziò l'invasione della Jugoslavia: la Luftwaffe bombardò Belgrado, e le truppe, supportate dai carri armati, avanzarono verso la Romania e l'Austria. Belgrado fu occupata il 12 aprile, e il 17 aprile il comando jugoslavo firmò la resa.
Contemporaneamente all'attacco alla Jugoslavia, le truppe tedesche iniziarono anche l'invasione della Grecia, attraversando la Macedonia. Il 2 aprile, le forze tedesche arrivarono alla capitale greca, Atene. La campagna culminò con la battaglia di Creta, che si svolse dal 20 maggio al 1° giugno.
Nonostante la vittoria delle potenze dell'Asse nei Balcani, la guerra non finì in quei territori. Già da giugno 1941, un movimento insurrezionale in Jugoslavia mise in difficoltà gli occupanti. Gli insorti si divisero in due fazioni: i partigiani comunisti di Josip Broz Tito e i nazionalisti di Draža Mihailović. Parallelamente alla lotta contro gli occupanti, scoppiò una sanguinosa guerra civile tra comunisti e nazionalisti.
OPERAZIONE BARBAROSSA
La decisione di Hitler di rompere il patto Molotov-Ribbentrop e di attaccare l'Unione Sovietica nacque dal desiderio di creare uno "spazio vitale" per la nazione tedesca. A ciò si aggiunsero motivazioni strategiche, politiche ed economiche. L'Unione Sovietica, infatti, era impegnata a ricostruire e riorganizzare le proprie forze militari, migliorando gli armamenti e le tattiche, con l'intenzione di prepararsi a un possibile attacco nel 1942.
L'invasione tedesca, denominata Operazione Barbarossa, iniziò il 22 giugno 1941 con un attacco simultaneo su tutti i fronti. L'obiettivo era occupare l'intera Unione Sovietica occidentale, sottomettendo, sterminando o deportando le popolazioni locali e trasformando i territori in zone di colonizzazione e sfruttamento per i tedeschi. Stalin fu colto di sorpresa: oltre 3 milioni di soldati tedeschi, con 3.350 carri armati e 2.000 aerei, si mossero all'attacco su un fronte di 1.600 chilometri.
Le forze tedesche, divise in tre gruppi d'armate (Nord, Centro e Sud), avanzarono rapidamente, penetrando nelle retrovie sovietiche, le cui truppe erano ferme al confine. Le comunicazioni sovietiche furono interrotte, e le incursioni aeree tedesche devastarono depositi e centri di comando. Mentre le prime linee sovietiche si battevano disordinatamente, i corazzati tedeschi manovravano per accerchiare le forze nemiche. I tedeschi avanzarono negli Stati Baltici, avvicinandosi a Leningrado, accerchiarono tre armate sovietiche a Minsk-Białystok e proseguirono in Ucraina verso Žytomyr e Kiev, dopo aver infranto la resistenza sovietica nella battaglia di Brody-Dubno.
Superata Minsk, i tedeschi si diressero verso Mosca, accerchiando il secondo scaglione sovietico durante la battaglia di Smolensk a metà luglio. Nel frattempo, i tedeschi si mossero su Leningrado, raggiungendo il lago Ladoga l'8 settembre. La città fu tagliata fuori e posta sotto assedio, con i tedeschi che puntavano a farla cadere per fame.
In Ucraina, la resistenza sovietica fu più dura, rallentando l'avanzata tedesca. Si sollevarono anche contrasti all'interno dell'alto comando tedesco riguardo all'obiettivo principale della campagna: il generale Franz Halder premeva per lanciare i panzer verso Mosca, ma Hitler riteneva più importante annientare l'Armata Rossa.
Dopo il successo di Smolensk, il Gruppo d'armate Centro, in marcia verso Mosca, fu privato di gran parte delle sue forze corazzate, che furono inviate in Ucraina come rinforzo. Ciò permise ai tedeschi di chiudere due enormi sacche: a Uman' tra luglio e agosto, e a Kiev tra agosto e settembre. Le forze tedesche si diressero quindi verso la Crimea, Harkov e Rostov sul Don, completando l'occupazione dell'intera Ucraina.
Il 30 settembre, i tedeschi sferrarono la loro grande offensiva per prendere Mosca. I corazzati penetrarono rapidamente le cinture difensive sovietiche e proseguirono con grande velocità, chiudendo altre due grandi sacche a Brjansk e Vjaz'ma il 7 ottobre. Stalin decise di rimanere a Mosca e organizzarne la difesa, richiamando da Leningrado il generale Georgy Žukov e schierando numerose divisioni ben equipaggiate provenienti dalla Siberia, dove si riteneva che il Giappone non avrebbe mai attaccato.
L'intervento di queste truppe scelte, le capacità di Žukov e l'arrivo dell'autunno fangoso fermarono la marcia tedesca sulla capitale a fine ottobre. Gli ultimi tentativi tedeschi, iniziati il 16 novembre, pur ottenendo qualche successo iniziale, fallirono di fronte alla solida resistenza sovietica e al progressivo peggioramento del clima. Stalin e Žukov disponevano ancora di forze efficienti e ben equipaggiate per l'inverno con cui, il 5 dicembre, sferrarono un improvviso contrattacco sia a nord che a sud di Mosca contro le avanguardie tedesche, ormai bloccate dal gelo.
L'azione fu inaspettata per le truppe tedesche: in mezzo alle intemperie invernali, i sovietici liberarono molte importanti città attorno a Mosca e respinsero i tedeschi. La Wehrmacht subì la sua prima pesante sconfitta della guerra. L'Operazione Barbarossa si concluse quindi alla fine dell'anno con un fallimento: l'Unione Sovietica non era crollata ed era passata al contrattacco. I tedeschi furono costretti a combattere una dura battaglia difensiva invernale, in una situazione ormai sfavorevole alla Wehrmacht.
IL FRONTE ORIENTALE
Il 1942 iniziò con una serie di offensive sovietiche invernali. Dopo la vittoriosa battaglia di Mosca, l'Armata Rossa proseguì la sua avanzata soprattutto a ovest della capitale. I tedeschi si trovarono spesso in difficoltà, perdendo parecchio terreno, ma non crollarono: Ržev e Vjaz'ma divennero capisaldi tedeschi sulla via di Mosca, e le due sacche di Demjansk e Cholm furono difese dalle truppe accerchiate, che resistettero fino alla primavera, quando vennero liberate.
Il 28 giugno 1942, la Wehrmacht ricominciò l'offensiva, puntando verso sud-est. Dopo alcune rilevanti vittorie iniziali, ebbe inizio la spinta decisiva in direzione del fiume Don, del Volga e del Caucaso. Per alcuni mesi, la Wehrmacht sembrò trionfare e avvicinarsi alla vittoria definitiva: i tedeschi occuparono Rostov il 23 luglio, aprendosi la via per il Caucaso.
Hitler impose di accelerare i tempi, lanciando un'avanzata contemporanea sia verso il Volga e il grande centro industriale di Stalingrado, sia verso il Caucaso e i pozzi di petrolio di Groznyj e Baku. Il 17 luglio, i tedeschi diedero inizio all'offensiva su Stalingrado. Il 23 agosto, i tedeschi raggiunsero le rive del Volga, ma la resistenza sovietica fu tenace. Tutte le risorse della città furono mobilitate per contrastare i tedeschi, che rimasero invischiati in una violenta battaglia urbana.
Contemporaneamente, anche nel Caucaso, l'avanzata tedesca si fermò alle porte di Groznyj, Tbilisi e Tuapse a causa delle intemperie, del terreno e della difesa sovietica.
Hitler impose di accelerare i tempi, lanciando un'avanzata contemporanea sia verso il Volga e il grande centro industriale di Stalingrado, sia verso il Caucaso e i pozzi di petrolio di Groznyj e Baku. Il 17 luglio, i tedeschi diedero inizio all'offensiva su Stalingrado. Il 23 agosto, i tedeschi raggiunsero le rive del Volga, ma la resistenza sovietica fu tenace. Tutte le risorse della città furono mobilitate per contrastare i tedeschi, che rimasero invischiati in una violenta battaglia urbana.
Contemporaneamente, anche nel Caucaso, l'avanzata tedesca si fermò alle porte di Groznyj, Tbilisi e Tuapse a causa delle intemperie, del terreno e della difesa sovietica.
LE AZIONI GIAPPONESI
Lo scoppio della guerra nel settembre 1939 aveva sorpreso il Giappone. Con il patto Molotov-Ribbentrop, una guerra contro l'Unione Sovietica divenne impossibile, benché il Giappone avesse riaffermato la sua alleanza con la Germania e l'Italia firmando il patto tripartito. Il 13 aprile 1941 fu firmato a Mosca un patto nippo-sovietico di non aggressione, che i giapponesi mantennero anche dopo l'inizio dell'attacco tedesco all'URSS.
Nel luglio 1940, il primo ministro Mitsumasa Yonai fu costretto a dimettersi, e fu sostituito da Fumimaro Konoe, che condivideva i piani di espansione verso il Sud-est asiatico. I tempi per realizzare questo piano erano ristretti: il riarmo degli Stati Uniti intaccava la superiorità navale giapponese nel Pacifico, obbligando Tokyo a mettere in atto i suoi piani di espansione il prima possibile. Tra il 24 e il 26 settembre 1940, le truppe giapponesi ottennero il permesso dalle autorità francesi di stabilire una guarnigione e di costruire basi militari nel nord dell'Indocina.
Il 29 luglio 1941, i giapponesi completarono la loro occupazione dell'Indocina, ottenendo da Vichy la cessione della base navale di Cam Ranh e degli aeroporti a Saigon. Le autorità coloniali furono mantenute, ma private dei loro poteri reali. Dopo l'inizio dell'operazione Barbarossa nel giugno 1941, il governo giapponese prese la decisione di proseguire la sua guerra di espansione.
Nel luglio 1940 iniziarono delle restrizioni al commercio tra Giappone e Stati Uniti. Nel luglio 1941, il presidente Roosevelt decretò il congelamento dei beni nipponici negli Stati Uniti e l'interruzione totale delle esportazioni di petrolio verso il Giappone. Queste misure furono devastanti per l'economia giapponese, forzando il governo ad agire.
L'ammiraglio Isoroku Yamamoto ideò un piano ambizioso per consentire ai giapponesi di occupare l'Asia orientale e stabilire un perimetro difensivo nel Pacifico. La flotta statunitense doveva essere resa inoffensiva nelle prime ore di guerra con un attacco aereo a sorpresa contro Pearl Harbor, nelle Hawaii. L'attacco venne sferrato il 7 dicembre 1941 e ottenne un grande successo, sebbene le portaerei statunitensi evitassero danni perché lontane da Pearl Harbor. Tutte le navi da battaglia della United States Pacific Fleet furono colpite e neutralizzate.
Il giorno dopo, gli Stati Uniti dichiararono guerra al Giappone, seguiti dall'Inghilterra e dalle nazioni alleate. L'11 dicembre, Germania e Italia dichiararono a loro volta guerra agli Stati Uniti. I giapponesi invasero e occuparono Guam il 10 dicembre e l'Isola di Wake il 23.
Un pesante attacco aereo distrusse gran parte delle forze aeree statunitensi nelle Filippine, seguito dallo sbarco dei reparti giapponesi su Luzon il 22 dicembre 1941. Le forze statunitensi nell'arcipelago dovettero abbandonare Manila, che cadde nelle mani del nemico il 2 gennaio 1942, e ripiegare sulla piazzaforte di Bataan, dove rimasero assediate. Mentre alcune unità attaccavano Hong Kong, l'8 dicembre 1941 truppe giapponesi invasero la Thailandia, dove il governo dittatoriale si affrettò a siglare un trattato di alleanza.
L'affondamento delle unità della Royal Navy aprì la Malesia britannica e la sua strategica piazzaforte di Singapore all'invasione giapponese. La battaglia di Singapore si concluse il 15 febbraio 1942 con la resa delle forze anglo-indiane. L'11 gennaio 1942 i giapponesi invasero il Borneo olandese e l'isola di Celebes, proseguendo verso Timor e Sumatra in una grande manovra a tenaglia contro l'isola centrale di Giava. Le forze alleate tentarono di organizzare una resistenza, ma furono sconfitte nella battaglia del Mare di Giava il 27 febbraio, consentendo lo sbarco delle truppe giapponesi su Giava e la resa della sua guarnigione il 12 marzo.
Il 20 gennaio 1942, truppe giapponesi iniziarono l'invasione della Birmania, che divenne loro entro il mese di maggio successivo. L'offensiva giapponese si stava ora dirigendo verso l'Australia: il 23 gennaio, le truppe nipponiche occuparono Rabaul, trasformandola in un'importante base navale. Il 19 febbraio, le portaerei giapponesi bombardarono il porto di Darwin; ciò fu seguito dallo sbarco di alcuni reparti sulla costa nord-orientale della Nuova Guinea. Tra marzo e aprile 1942, i porti di Colombo e Trincomalee furono bombardati.
Il 18 aprile, i bombardieri dell'esercito statunitense compirono la prima incursione aerea su Tokyo e altre città giapponesi, dimostrando che la difesa giapponese nel Pacifico non era sufficientemente ampia per evitare la guerra in patria, e che le portaerei statunitensi sopravvissute a Pearl Harbor costituivano la principale minaccia per la supremazia bellica del Giappone.
Tra il 4 e l'8 maggio iniziarono gli scontri della battaglia del Mar dei Coralli, risoltisi in una serie di azioni nave-contro-aereo. Alla fine di luglio, le truppe giapponesi sbarcarono sulla costa nord-orientale della Nuova Guinea e avanzarono attraverso i Monti Owen Stanley. Ne seguì la campagna della pista di Kokoda, contro le forze australiane che difendevano i passi montani. Alla fine, gli australiani, sostenuti da contingenti statunitensi, bloccarono e respinsero le forze giapponesi.
Nel frattempo, la maggior parte della flotta giapponese aveva come obiettivo l'occupazione dell'atollo di Midway. Gli statunitensi erano al corrente della mossa nemica grazie alla decifrazione dei codici crittografici giapponesi, e il comandante delle forze statunitensi nel Pacifico tese un'imboscata ai giapponesi. La battaglia delle Midway, che si svolse tra il 4 e il 6 giugno 1942, rappresentò il punto di svolta della guerra nel Pacifico. Lo sbarco anfibio a Midway fu annullato e i giapponesi si ritirarono. Con questa sconfitta, i giapponesi furono costretti a rinunciare ad altre mosse offensive nel Pacifico e a prepararsi alle controffensive alleate.
Il 7 agosto 1942, truppe dei marines occuparono parte dell'isola di Guadalcanal, dove i giapponesi stavano allestendo una base aerea. Mentre a terra i marines affrontavano la loro prima esperienza di combattimento su vasta scala, in mare le flotte si scontrarono ripetutamente in azioni aeronavali. Il logoramento delle risorse belliche si rivelò insostenibile per i giapponesi, e la campagna si concluse il 9 febbraio 1943 con una vittoria per gli statunitensi. Con l'abbandono di Guadalcanal, le forze alleate si lanciarono subito in un'avanzata nelle Isole Salomone.
La campagna della Nuova Georgia, che si svolse tra il giugno e l'agosto 1943, e la campagna di Bougainville, che durò fino alla conclusione della guerra, segnarono un altro passo avanti per gli Alleati. La difficoltà nello sconfiggere le guarnigioni giapponesi e le enormi perdite spinsero gli Alleati a ideare una nuova strategia: dovevano aggirare le forze giapponesi, conquistando le isole vicine e infine renderle inoffensive tramite bombardamenti aerei e navali periodici.
Allontanata la minaccia da Port Moresby, anche in Nuova Guinea gli Alleati erano all'avanzata: le truppe statunitensi e australiane respinsero i giapponesi dalla Nuova Guinea orientale tra il novembre 1942 e il gennaio 1943, per poi avanzare lungo la costa settentrionale fino a scacciare i giapponesi dalle principali basi di Oro Bay e Salamaua tra aprile e settembre dello stesso anno. Nei primi 18 mesi di guerra, i giapponesi avevano retto a stento contro la flotta statunitense, ma dalla seconda metà del 1943 cominciarono a entrare in massa le nuove unità costruite dopo l'attacco a Pearl Harbor.
Tra il 20 e il 23 novembre 1943, i marines diedero l'assalto all'atollo di Tarawa. L'offensiva nelle Isole Marshall continuò con la conquista di Kwajalein tra il 31 gennaio e il 3 febbraio 1944, e di Eniwetok tra il 17 e il 23 febbraio. L'isola di Truk fu neutralizzata con una serie di bombardamenti aerei. Dopo l'isolamento di Truk, la flotta nipponica si rifugiò a Singapore. Ne approfittò il generale MacArthur, che tra febbraio e maggio 1944 occupò le isole dell'Ammiragliato, per poi avviare, ad aprile, la liberazione della Nuova Guinea occidentale.
I bombardieri statunitensi avevano condotto alcune incursioni contro obiettivi strategici giapponesi. Il 15 giugno iniziò la campagna delle Marianne, con l'attacco statunitense all'isola di Saipan. Successivamente, gli statunitensi sbarcarono a Guam il 21 luglio e a Tinian il 24 luglio. La minaccia degli sbarchi nelle Marianne non sfuggì al comando nipponico, che dirottò la flotta da battaglia per fronteggiare questa nuova minaccia. Tra il 19 e il 20 giugno, le flotte si scontrarono nella battaglia del Mare delle Filippine. Le operazioni nelle Marianne si conclusero entro i primi di agosto con la sconfitta delle guarnigioni nipponiche.
Lo sbarco nelle Filippine iniziò il 20 ottobre con l'assalto all'isola di Leyte. La perdita dell'arcipelago avrebbe tagliato fuori il Giappone dai pozzi petroliferi, mettendo in difficoltà le sue risorse. Tra il 23 e il 26 ottobre si svolse la battaglia del Golfo di Leyte, in cui i giapponesi furono sconfitti.
Da aprile a dicembre, i giapponesi attaccarono la Cina meridionale con l'operazione Ichi-Go, che rappresentò l'ultima grande vittoria giapponese. Furono occupate zone nello Henan, Hunan e Guangxi, e il Kuomintang fu umiliato per la sua incapacità di difendere la popolazione.
Nel marzo 1944, i reparti giapponesi lanciarono una vasta offensiva in Assam, con l'obiettivo di occupare gli aeroporti e scatenare una rivolta in India. Tuttavia, le truppe anglo-indiane riuscirono a bloccare l'offensiva giapponese, e l'arrivo del monsone a giugno provocò il crollo delle linee di approvvigionamento nipponiche. A seguito di questo successo per gli Alleati, in agosto le forze cinesi riconquistarono Myitkyina.
IL SECONDO FRONTE
Nel gennaio 1942, Churchill e Roosevelt si incontrarono a Washington. L'incontro servì a definire le priorità belliche degli Alleati, in particolare stabilendo che la Germania dovesse essere sconfitta prima del Giappone. Per ottenere questo risultato, si ritenne essenziale progettare l'invasione dell'Europa occidentale da parte delle forze anglo-statunitensi.
Il problema di un "secondo fronte" in Europa occidentale, che potesse attirare e lacerare una parte della Wehrmacht, alleviando così la pressione sui sovietici, era emerso fin dai primi contatti tra Stalin e Churchill nel luglio 1941. Gli Stati Uniti erano impegnati a mobilitare e armare le loro forze, mentre i britannici dovevano ancora riorganizzare il loro esercito dopo le disfatte del 1940-1941. Tuttavia, gli Alleati occidentali non rinunciarono ad appoggiare i sovietici. I bombardamenti sulle città tedesche furono intensificati per scuotere il morale dei civili e distruggere l'industria bellica del Reich. Furono anche organizzate piccole operazioni e incursioni per mantenere in uno stato di continua tensione i reparti tedeschi schierati a difesa dell'Europa occupata.
La più grande di queste incursioni fu il raid su Dieppe del 19 agosto 1942: reparti anglo-canadesi tentarono di occupare il porto di Dieppe in Francia per 48 ore e poi ritirarsi dopo aver demolito le installazioni strategiche. Tuttavia, l'operazione si concluse con un grave insuccesso.
L'esperienza di Dieppe insegnò che non sarebbe stato possibile invadere la Francia attaccando direttamente un porto marittimo. Fu quindi necessario inventare nuove tattiche. Il fallimento alleato a Dieppe mise in allarme Hitler, che ordinò la costruzione di una lunga catena di fortificazioni difensive lungo le coste francesi.
Il più grande aiuto che i sovietici ricevettero dagli Alleati furono i materiali ceduti tramite il Lend-Lease, che vennero convogliati in URSS. Gli anglo-statunitensi fornirono ai sovietici enormi quantitativi di materie prime e materiale logistico, essenziali per gli spostamenti strategici delle truppe dell'Armata Rossa.
LA BATTAGLIA DELL'ATLANTICO
La battaglia dell'Atlantico fu la campagna militare navale e aerea che si protrasse più a lungo e con maggiore continuità durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra il 1942 e il 1943 si raggiunse l'apice del conflitto: organizzati in gruppi di attacco coordinati, gli U-Boot tedeschi misero in difficoltà il commercio navale anglo-statunitense, estendendo le loro operazioni alle coste orientali degli Stati Uniti, al Mar dei Caraibi e al Golfo del Messico.
La sfida posta dai tedeschi nell'Atlantico richiese l'impiego da parte degli anglo-statunitensi di enormi risorse. Il sistema delle scorte venne perfezionato, creando gruppi di "cacciatori" dedicati alla ricerca degli U-Boot tramite radar, sonar e armi antisommergibili. Furono inoltre incrementati gli attacchi alle basi degli U-Boot in Francia e i pattugliamenti nelle loro zone di transito.
I primi mesi del 1943 videro alcune imponenti battaglie tra U-Boot e i convogli alleati. Nonostante i tedeschi ottenessero ancora molti successi, la Kriegsmarine dovette registrare un continuo incremento degli affondamenti di U-Boot, fino a dover richiamare alla base la maggior parte delle unità nell'Atlantico, in attesa di nuove tattiche e miglioramenti tecnologici.
All'inizio del 1944, l'ammiraglio tedesco Dönitz non poté fare altro che ammettere la sconfitta.
CAMPAGNA D'ITALIA
Dopo la capitolazione delle forze italo-tedesche nella Campagna del Nord-Africa, le operazioni su come proseguire divennero oggetto di forti discussioni tra statunitensi e britannici: i primi volevano concentrare uomini e mezzi per un'invasione della Francia, mentre i secondi proponevano di avviare un'offensiva nel Mediterraneo, nei Balcani e nel Mar Egeo.
Il 2 luglio 1943 ebbe inizio lo sbarco in Sicilia delle forze alleate: truppe britanniche, statunitensi e canadesi annientarono la resistenza delle forze italo-tedesche, costringendole ad abbandonare l'isola il 17 agosto. La perdita della Sicilia fu un colpo mortale per il regime fascista italiano: Mussolini fu destituito dal re Vittorio Emanuele III e posto agli arresti, venendo rimpiazzato dal maresciallo Pietro Badoglio.
Subito si svilupparono complicate trattative sotterranee per giungere a una pace separata con gli Alleati, che si conclusero con l'armistizio di Cassibile il 3 settembre. Le parti decisero di mantenere segreto l'accordo fino allo sbarco degli Alleati nella penisola italiana. Intanto, sui campi di battaglia si continuava a combattere.
I tedeschi si erano preparati a fronteggiare un possibile tradimento da parte dell'Italia e, quando l'armistizio venne reso noto la sera dell'8 settembre, scatenarono la loro rappresaglia: attaccarono e disarmarono le truppe italiane dislocate sia nella penisola che nei territori occupati, come la Jugoslavia e la Grecia. Privati di un comando organizzato, che era fuggito da Roma con il re e il governo, i reparti italiani vennero sopraffatti. I tentativi di opposizione organizzata furono sconfitti e spesso si concludevano con esecuzioni di soldati italiani da parte dei tedeschi.
Mussolini fu liberato dai tedeschi e posto a capo di un governo fantoccio creato dall'invasore tedesco nell'Italia occupata, la Repubblica Sociale Italiana.
Gli Alleati avviarono l'invasione della penisola il 2 settembre: le forze britanniche sbarcarono a Taranto e avanzarono in Puglia, mentre gli statunitensi presero terra a Salerno, dove dovettero fronteggiare l'opposizione dei reparti tedeschi. Dopo aver rallentato l'avanzata anglo-statunitense, i tedeschi ripiegarono sulle linee difensive degli Appennini Meridionali; alla fine dell'anno, il fronte si stabilizzò sulla Linea Gustav, imperniata sulle difese di Cassino. L'avanzata si era fermata: gli anglo-statunitensi decisero di mettere in secondo piano le operazioni nel Mediterraneo e concentrare le forze principali sullo sbarco nella Francia settentrionale. Nonostante questa decisione, continuarono a portare avanti notevoli operazioni durante il 1944 con l'obiettivo di occupare Roma.
Mentre gli anglo-canadesi avanzavano lungo la costa adriatica, vennero impegnati nella battaglia di Ortona. Gli statunitensi, francesi, britannici e polacchi rinnovarono i loro attacchi alla piazzaforte di Cassino. La battaglia di Cassino si prolungò per mesi, a partire da gennaio 1944, senza che gli Alleati riuscissero a far ritirare i tedeschi dalle postazioni che occupavano. Il 22 gennaio, forze anglo-statunitensi sbarcarono sulla costa tra Anzio e Nettuno. Gli Alleati si mossero con prudenza, ma rischiarono comunque di essere ricacciati in mare dai contrattacchi tedeschi. Una serie di attacchi sferrati contemporaneamente sia a Cassino che ad Anzio consentì di rompere il fronte tedesco, e a giugno i primi reparti alleati entrarono a Roma.
Pur indeboliti, gli Alleati proseguirono l'avanzata verso nord, liberando Ancona il 18 luglio e Firenze il 13 agosto. I tedeschi ripiegarono dietro la Linea Gotica, che si estendeva da Massa a Pesaro. Tra agosto e ottobre, il primo assalto a questa linea portò a alcune conquiste nel settore adriatico, ma l'inverno convinse gli Alleati a sospendere ogni ulteriore attacco.
OVERLORD
Il 6 giugno 1944 iniziò l'invasione della Francia attraverso il canale della Manica: truppe statunitensi, britanniche e canadesi sbarcarono in Normandia, cogliendo di sorpresa i tedeschi. Le settimane successive allo sbarco furono caratterizzate da una serie di duri scontri. I primi tentativi di sfondamento furono respinti dalle divisioni corazzate tedesche e la città di Carentan cadde solo il 9 luglio. Nel frattempo, l'Armata statunitense riuscì ad avanzare nella penisola del Cotentin, conquistando il porto di Cherbourg il 1° luglio. Mentre gli anglo-canadesi rimanevano bloccati nella zona di Caen, gli statunitensi riuscirono, alla fine di luglio, a sfondare il fronte tedesco a Saint-Lô. Hitler ordinò un contrattacco che fu interrotto dopo soli quattro giorni a causa della superiorità aerea degli Alleati.
Il 14 agosto l'Armata canadese sferrò un'offensiva verso Falaise, e l'operazione Tractable portò, alla fine di agosto, alla chiusura della sacca di Falaise. Sconfitte le forze tedesche poste a difesa della Normandia, le forze alleate poterono dirigersi verso Parigi, che venne liberata il 25 agosto. Successivamente, francesi e statunitensi sbarcarono in Provenza, suggellando la disfatta tedesca. Mentre gli Alleati avanzavano verso Marsiglia e Lione, i tedeschi evacuarono l'intera Francia occidentale.
Il 3 settembre i britannici entrarono a Bruxelles e l'11 settembre le truppe alleate raggiunsero il confine tedesco. Nel frattempo, i corazzati del generale Patton superarono la Mosa e la Mosella dopo aver sconfitto i tedeschi nella battaglia di Nancy, avanzando verso la Lorena.
L'OPERAZIONE BAGRATION
Le forze sovietiche condussero una serie di operazioni periferiche ai due estremi del fronte orientale. A sud, l'Armata Rossa riconquistò Sebastopoli il 9 maggio, mentre il 10 giugno attaccò il fronte finlandese in Carelia, costringendo il nemico a ritirarsi oltre la frontiera del 1941. Il governo finlandese si affrettò a stipulare un armistizio con l'Unione Sovietica, firmato il 19 settembre. Successivamente si verificarono scontri armati tra tedeschi e finlandesi in Lapponia.
Il 22 giugno iniziò l'operazione Bagration, un attacco sferrato in Bielorussia che ottenne pieno successo. I mezzi corazzati sovietici travolsero i capisaldi tedeschi di Vitebsk sulla Dvina il 26 giugno e di Bobruisk sulla Beresina il 27 giugno, per poi dirigersi velocemente verso Minsk. I tedeschi tentarono di rallentare l'avanzata, ma l'operazione fu inarrestabile. Minsk venne liberata il 3 luglio e l'intero raggruppamento centrale tedesco crollò. Le colonne corazzate sovietiche presero Vilnius il 13 luglio, Kaunas il 1° agosto, Lublino il 23 luglio e Brest-Litovsk il 28 luglio.
Dal 13 luglio, l'Armata Rossa passò all'attacco anche in Volinia. I carri armati sovietici liberarono Leopoli il 27 luglio. I tedeschi riuscirono a fermare l'avanzata sovietica verso il golfo di Riga, a contenere le teste di ponte sulla Vistola e a arrestare l'avanzata su Varsavia. Il 1º agosto, la resistenza polacca diede il via a una sollevazione a Varsavia, ma i tedeschi riuscirono a schiacciare l'insurrezione e a respingere le colonne corazzate sovietiche nella battaglia di Radzymin. L'Armata Rossa si trovò quindi impossibilitata a proseguire l'avanzata e dovette affrontare i contrattacchi tedeschi sulla Vistola, sul Bug e sul Narew.
Il 22 luglio, il Comitato Polacco di Liberazione Nazionale venne riconosciuto dall'URSS come il nuovo governo legittimo della Polonia. Il 20 agosto, le forze sovietiche sferrarono la terza grande offensiva dell'estate 1944, che si concluse con una nuova manovra che circondò le forze tedesco-rumene il 24 agosto. Il 23 agosto, il re Michele I di Romania condusse un colpo di stato, depose il regime fascista e il 12 settembre firmò un armistizio con l'URSS. Il 9 settembre, i comunisti bulgari condussero un colpo di stato a Sofia, facendo passare la Bulgaria al fianco degli Alleati.
L'insurrezione slovacca, alla fine di agosto, fu schiacciata dalle forze tedesche, che occupavano l'Ungheria a ottobre. Le residue forze tedesche ripiegarono attraverso i Carpazi e iniziarono ad abbandonare la Grecia e la Jugoslavia. Belgrado fu liberata il 20 ottobre dalle forze sovietiche.
LE ULTIME AZIONI DI HITLER
A metà settembre 1944, l'avanzata degli Alleati sul fronte occidentale iniziò a rallentarsi. La decisione di Hitler di mantenere forti guarnigioni nei porti della costa occidentale francese e sullo stretto di Dover impedì agli anglo-statunitensi di disporre di scali per scaricare i rifornimenti, provocando un progressivo calo di approvvigionamenti alle armate sul campo. Questo rallentamento consentì ai tedeschi di radunare le forze e riprendersi.
Il 17 settembre, gli Alleati lanciarono l'operazione Market Garden, un attacco combinato per occupare tutti i ponti strategici sul Reno e nei Paesi Bassi. Tuttavia, l'operazione fallì quando i tedeschi riuscirono a mantenere il controllo del ponte di Arnhem, impedendo lo sfondamento finale.
Più riuscita fu la campagna canadese, lanciata ad ottobre, per liberare l'estuario del fiume Schelda. La battaglia della Schelda si concluse a novembre con la vittoria degli Alleati.
Nel frattempo, le forze statunitensi erano impegnate in scontri al confine franco-tedesco. Dopo aver sconfitto un contrattacco tedesco nella battaglia di Arracourt, alla fine di settembre 1944, l'armata di Patton si trovò bloccata a Metz e nella Foresta di Hürtgen.
L'armata statunitense di Courtney Hodges, invece, conquistò Aquisgrana ad ottobre. Nel frattempo, Hitler aveva preparato una grande controffensiva sul fronte occidentale per dicembre. Lo scopo dell'attacco era quello di raggiungere il fiume Mosa, riconquistare Anversa e chiudere in un'enorme sacca le forze alleate. L'offensiva tedesca scattò il 16 dicembre, cogliendo di sorpresa i comandi alleati: alcune colonne corazzate tedesche penetrarono in profondità, superando i deboli sbarramenti statunitensi. I panzer di testa giunsero in vista della Mosa il 24 dicembre.
Tuttavia, grazie alla resistenza di alcuni reparti statunitensi assediati a Bastogne e alla scarsità di rifornimenti tedeschi, gli Alleati riuscirono a bloccare l'offensiva e a passare al contrattacco. I tedeschi furono ricacciati indietro da nord nel corso della battaglia di Ciney, mentre a sud le forze corazzate di Patton liberarono Bastogne il 26 dicembre. A metà gennaio 1945, la battaglia era finita.
STALINGRADO
A metà novembre 1942, i tedeschi erano incagliati in un sanguinoso scontro a Stalingrado, bloccati nel Caucaso e ridotti alla difensiva su tutto il fronte orientale. Hitler decise di mantenere le posizioni raggiunte, convinto che l'Armata Rossa fosse indebolita e incapace di offensive su ampia scala. Al contrario, Stalin e i suoi generali avevano cominciato a organizzare grandi controffensive, con lo scopo di ottenere una vittoria decisiva e rovesciare completamente l'equilibrio sul fronte orientale. Il 19 novembre 1942, i sovietici lanciarono l'Operazione Urano: in quattro giorni, i corpi corazzati e meccanizzati sovietici travolsero le difese tedesco-rumene sul Don e sbaragliarono le Panzer-Division, che furono sconfitte per la prima volta in tutta la guerra dalle forze dell'Armata Rossa. Il 23 novembre, accerchiarono completamente la 6ª Armata tedesca, bloccata a Stalingrado. L'eliminazione della sacca fu portata avanti dai sovietici nei primi mesi del 1943 e si concluse definitivamente il 2 febbraio 1943.
LA RITIRATA TEDESCA IN RUSSIA
L'Operazione Urano non fu l'unica offensiva sovietica. Tra il 25 novembre e il 16 dicembre 1942, l'Armata Rossa attaccò nel settore di Ržev, ma fallì. Ebbe più successo l'Operazione Piccolo Saturno nel settore del Don, tra il 16 e il 30 dicembre: l'8ª Armata italiana fu costretta a una difficile ritirata attraverso la steppa gelata, inseguita dalle colonne corazzate nemiche. A metà gennaio 1943, l'Armata Rossa colpì sull'alto Don. Il Corpo d'Armata Alpino italiano, rimasto isolato dalle offensive sovietiche, dovette ritirarsi in mezzo alla neve, perdendo migliaia di soldati. I comandi sovietici puntarono a respingere il nemico prima del disgelo primaverile. Le vittorie sovietiche continuarono: a fine gennaio furono ristabiliti i collegamenti terrestri con Leningrado assediata, il 2 febbraio liberarono Kursk e Kharkov; i tedeschi dovettero sgombrare il Caucaso per evitare di rimanere tagliati fuori dall'avanzata dell'Armata Rossa su Rostov, riconquistata il 14 febbraio. L'Armata Rossa era esausta dopo tre mesi di offensive e inseguimenti, con i reparti stanchi e gravi carenze logistiche. I comandanti sovietici sottovalutarono le difficoltà e i pericoli: i tedeschi trovarono la loro efficienza e si affrettarono a organizzare una controffensiva. Il 19 febbraio, le Panzer-Division tedesche contrattaccarono a Kharkov, riguadagnando la linea del Donec e del Mius. A metà marzo, con l'arrivo del disgelo primaverile, le operazioni si fermarono e il fronte si stabilizzò.
GLI ULTIMI ATTACCHI AD ORIENTE
Hitler, scosso dalla catastrofe di Stalingrado e dalle sconfitte subite in Africa settentrionale, mostrò indecisione nella pianificazione e rinviò più volte l'offensiva per dare tempo all'industria bellica di rifornire la Wehrmacht. Nel frattempo, l'Armata Rossa ebbe tutto il tempo di prepararsi: il saliente di Kursk fu riempito di mine anticarro e cannoni anticarro sovietici, trasformandosi in una vera e propria trappola per la Wehrmacht. Il 5 luglio iniziò l'attacco tedesco, dando il via a otto giorni di battaglia durissima tra i panzer tedeschi e le difese anticarro e i carri sovietici. Il 12 luglio, i tedeschi non erano più in grado di insistere nell'attacco, mentre i sovietici passarono a loro volta all'attacco nella regione di Orël e sul Mius. I tedeschi dovettero rinunciare definitivamente all'iniziativa a est e iniziarono la ritirata. Il 12 luglio, i sovietici attaccarono Orël a nord di Kursk, e il 3 agosto passarono all'offensiva anche a Belgorod.
I tedeschi organizzarono continui contrattacchi con le Panzer-Division. Tuttavia, l'avanzata sovietica si rivelò inarrestabile: il 5 agosto fu liberata Orël, il 23 agosto la quarta battaglia di Kharkov si concluse con la vittoria sovietica, e ai primi di settembre il fronte sul Mius crollò. Iniziò così l'offensiva del basso Dnepr, con le truppe sovietiche insegue l'esercito tedesco in ritirata, che tentava di attestarsi sul fiume. Kiev fu liberata il 6 novembre grazie a una manovra aggirante delle truppe corazzate sovietiche. Anche più a sud, i sovietici liberarono progressivamente Dnipropetrovsk, Zaporizia e Kremenchuk.
A nord, nella regione centrale, l'Armata Rossa passò all'offensiva e liberò Brjansk il 17 settembre e Smolensk il 25. L'Armata Rossa concluse l'anno con un pieno successo: l'esercito tedesco era stato gravemente danneggiato, gran parte delle regioni dell'URSS occupate erano state liberate e l'offensiva invernale prometteva nuovi successi.
L'OFFENSIVA INVERNALE SOVIETICA
L'Armata Rossa riprese la sua offensiva il 24 dicembre 1943. I sovietici progredirono nel tentativo di schiacciare le forze tedesche sulla costa del Mar Nero. La resistenza tedesca riuscì a frenare l'avanzata, ma le truppe lasciate sul Dnepr a Kaniv furono accerchiate e distrutte dopo la terribile battaglia di Korsun', terminata il 18 febbraio 1944. Ciò facilitò la successiva avanzata dello schieramento meridionale sovietico: a sud furono liberate Kryvyi Rih il 22 febbraio e Nikopol' il 18 febbraio. A Kam'janec'-Podil's'kyj, i carri armati dei marescialli Ivan Stepanovič Konev e Georgij Žukov riuscirono a chiudere in una sacca la Panzerarmee il 28 marzo. L'armata accerchiata riuscì a uscire dalla sacca e a trarsi in salvo il 4 aprile, lasciando l'intera Ucraina in mano ai sovietici.
A nord, i sovietici ruppero la presa tedesca su Leningrado il 26 gennaio. L'Armata Rossa proseguì verso gli Stati baltici, arrivando fino alla linea Pskov-Narva, ancora saldamente tenuta dai tedeschi. A costo di spaventose perdite per l'Armata Rossa, le forze dell'Asse furono sconfitte con quasi 1 milione di perdite durante l'inverno 1943-44.
