
Marx
Il tedesco Karl Marx (1818-1883) è considerato il padre dell'ideologia comunista. Durante gli anni che dedicò alla stesura delle sue teorie, Marx compì una dettagliata analisi della realtà storica, economica e politica in cui viveva. Ne scaturirono una serie di conclusioni: secondo Marx, la storia umana è innanzitutto un fenomeno materiale, il che significa che gli attori di ogni periodo storico sono uomini impegnati nella produzione di beni per soddisfare i propri bisogni. Ogni periodo storico è caratterizzato da un determinato livello di sviluppo, che corrisponde a una specifica configurazione sociale, in cui ogni individuo occupa posizioni diverse, dette classi sociali.
Nel Manifesto del Partito Comunista, pubblicato nel 1848 in collaborazione con Friedrich Engels, i due dichiarano che la storia di ogni società è sempre stata caratterizzata dalla lotta tra le classi. Nel contesto dell'epoca storica di Marx, questa lotta si esprimeva principalmente tra due classi sociali in netto contrasto: la borghesia (proprietaria dei capitali investiti nell'industria) e il proletariato (classe operaia il cui unico possedimento è la forza lavoro).
L'incremento dell'economia capitalista porta inevitabilmente allo sfruttamento della classe operaia, il cui valore dei prodotti che produce diminuisce sempre più, mentre il salario con cui viene remunerata è minimo. La lotta tra borghesia e proletariato, secondo Marx, può concludersi soltanto con l'introduzione di un nuovo sistema, da lui ideato: il Comunismo.
I caratteri principali del comunismo marxiano sono la completa abolizione della proprietà privata e la trasformazione in proprietà comune dei mezzi di produzione e consumo, promuovendo una gestione collettiva che sia nell'interesse di tutti, con l'obiettivo di eliminare le lotte di classe e garantire l'uguaglianza.
L'UNIONE SOVIETICA
Lenin
Vladimir Il'ic Ul'janov, meglio conosciuto con il suo pseudonimo Lenin, è stato uno dei più grandi leader rivoluzionari del XX secolo. Fu il principale continuatore del marxismo e fondatore dello Stato sovietico.
Fu introdotto al comunismo nel 1887 grazie al fratello, che fu coinvolto nell'attentato contro lo zar Alessandro III.
Nel 1889 divenne uno dei membri del Partito Socialista Russo appena nato e, pochi anni dopo, pubblicò uno dei suoi scritti più importanti dal titolo Che fare?. In questo scritto, Lenin espone il suo pensiero riguardo a uno stato modello, caratterizzato da un partito forte e centralizzato, composto da intellettuali e rivoluzionari, con il compito di dirigere le classi operaia e contadina per avvicinarle alla causa socialista.
Il suo principale oppositore fu Julij Martov, con il quale ebbe uno scontro nel 1903 che portò alla divisione in due fazioni: i bolscevichi, dalla parte di Lenin, e i menscevichi, dalla parte di Martov. Nel 1912 i bolscevichi ebbero la meglio e Lenin poté costituire un partito autonomo.
La Rivoluzione di Ottobre
Nel febbraio del 1917, a seguito degli scontri armati dovuti alla Prima Guerra Mondiale, lo zarismo cadde e Lenin colse l'occasione per prendere il potere. Con la presa del Palazzo d'Inverno, sede degli zar, avvenuta il 24 ottobre dello stesso anno, i bolscevichi ufficializzarono la caduta dello zarismo e l'ascesa al potere di Lenin. Il suo scopo era costituire una società socialista fondata sulla democrazia delle masse proletarie e sulla dittatura nei confronti dei paesi esteri. La sua presa di potere fu contraddittoria: pur esortando le insurrezioni popolari, sostenendo una rivoluzione dal basso, il suo obiettivo finale era quello di concentrare tutto il potere nel partito comunista.
Lenin divenne così capo del governo, mettendo fuori legge tutti gli altri partiti, ad eccezione del suo. Agì per reprimere ogni forma di dissenso, con l'intento di instaurare un regime totalitario.
Il nuovo governo iniziò a circondarsi di una classe di funzionari in grado di gestire la situazione economica e produttiva del paese. Fu avviata la statalizzazione forzata delle attività economiche e l'abolizione della proprietà privata. Nell'estate del 1921, una grave carestia colpì il paese, portando a una lieve riapertura dei mercati, ma senza risolvere in maniera significativa la crisi.
Nel 1922, venne ufficialmente fondata l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).
Stalin
Dopo la morte di Lenin, Stalin succedette alla guida dell'Unione Sovietica, applicando immediatamente una politica incentrata sull'industria pesante e bellica. Al centro della sua visione c'erano il lavoro forzato degli operai, la collettivizzazione delle campagne e la conseguente deportazione di massa dei kulaki, i contadini proprietari terrieri.
Gli anni Trenta furono segnati dalle cosiddette "Grandi Purghe", durante le quali Stalin procedette all'eliminazione di tutti coloro che si mostrassero intenzionati a esprimere dissenso nei confronti del partito. Molte vittime furono registrate anche all'interno dello stesso Partito Comunista, inclusi dirigenti e ufficiali dell'Armata Rossa.
Stalin avviò anche una potente propaganda per promuovere il culto della sua persona e per glorificare l'Unione Sovietica.
Politiche Internazionali
Il successivo obiettivo di Stalin fu quello di acquisire consenso all'estero. Appoggiò i governi comunisti di Francia e Spagna, impegnandosi fortemente anche durante gli anni della guerra civile spagnola contro l'Asse Roma-Berlino.
Con l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, firmò il Patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop (1939) con la Germania, nel quale le due potenze si spartirono i territori della Polonia. Per i primi due anni di guerra la situazione fu abbastanza stabile, fino a quando la Germania si spinse fino alle porte di Mosca (22 giugno 1941), per poi venire respinta.
L'apice della tensione si ebbe con la Battaglia di Stalingrado, che, dopo un logorante combattimento durato dall'inverno del 1942 all'inverno del 1943, vide la vittoria dell'URSS e segnò l'inizio del declino tedesco, che proseguì fino alla conclusione del conflitto armato.
Guerra Fredda
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale si crearono due fazioni in totale contrasto: da una parte l'Unione Sovietica, stato comunista caratterizzato dall'annullamento dell'individuo e da una centralizzazione del potere, dall'altra parte gli Stati Uniti, potenza mondiale democratica, caratterizzata da una forte libertà di iniziativa e ampie libertà personali.
L'Europa risultò così divisa in due grandi aree di influenza, un esempio calzante è la Germania che venne divisa nelle due aree di influenza nel 1949 (a est l'URSS e a ovest gli Stati Uniti), per poi arrivare addirittura alla divisione di Berlino nel 1961 in due zone, limitate dal cosiddetto muro di Berlino, che scindeva la parte di influenza sovietica da quella statunitense.
Si parla di Guerra Fredda poiché, dalla fine del secondo conflitto mondiale fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989, non si verificò mai un vero e proprio conflitto armato diretto tra le due potenze. Piuttosto, lo scontro fu caratterizzato da una grandissima tensione tradotta in una continua gara nei campi dell'innovazione (nuove tecnologie, mercato mondiale, aree di sviluppo) e nelle aree di influenza.
Gli unici casi di scontri armati che si riscontrarono furono alcune guerre localizzate, attraverso le quali le due potenze allungarono le loro aree di influenza (Vietnam, Corea, Afghanistan, conflitto arabo-israeliano).
Questa tensione vide la sua conclusione con la caduta del muro di Berlino nel 1989.
La caduta dell'URSS
Negli ultimi anni di vita dell'Unione Sovietica salì al potere Michail Sergeevič Gorbačëv, esponente del PCUS (Partito Comunista dell'Unione Sovietica). Egli attuò un programma di rinnovamento delle politiche dello stato, muovendo infatti una forte critica alle decisioni prese negli anni passati. La sua volontà era quella di rimediare agli errori che aveva individuato, all'eccessiva rigidità e alle politiche di conservazione, per poter coniugare il socialismo con la democrazia.
Le libertà che Gorbačëv voleva introdurre si scontravano con un sistema rimasto rigido e strutturato per anni. Inoltre, i cambiamenti apportati diedero vita a libertà di informazione e quindi a opposizione, facendo nascere conflitti e tensioni tra le repubbliche sovietiche, che favorirono una crescente autonomia e lo sviluppo dei settori e dell'economia.
Per quanto riguarda il piano istituzionale, vennero introdotte pratiche di elezione di alcuni membri dello stato:
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Nel 1988 si stabilì che il presidente dell'URSS venisse eletto dai membri del Consiglio dei deputati del popolo, composto da 1500 membri votati e 750 scelti dal partito.
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Si stabilì l'elezione a suffragio universale dei presidenti delle repubbliche presenti all'interno dell'Unione Sovietica e dei sindaci delle città più importanti.
Per quanto riguarda il conflitto con la rivale statunitense, venne dichiarato insostenibile economicamente. Infatti, nel corso della fine degli anni '80 si susseguirono una serie di ritirate su diversi fronti, come ad esempio in Afghanistan nel 1986.
Le decisioni del sovrano, tuttavia, non conseguirono i risultati sperati. Le condizioni economiche dell'Unione Sovietica restavano piuttosto disastrose e, di conseguenza, aumentò il disagio e la tensione sociale, con un tasso di corruzione crescente.
La decentralizzazione del potere aveva inoltre favorito la creazione di altri centri di potere tra le repubbliche; infatti, nel 1989 nacque il primo governo non comunista all'interno dell'URSS.
L'apice della tensione si ebbe quando, tra il 7 e il 9 novembre 1989, cadde il muro di Berlino.
Dopo questo evento, ci fu un susseguirsi di colpi di stato e la nascita di governi autonomi, che portarono Gorbačëv ad annunciare le sue dimissioni la sera del 25 dicembre 1991 e, quindi, alla conseguente dissoluzione dell'Unione Sovietica.
IL PARTITO COMUNISTA CINESE
Il Partito Comunista Cinese, secondo la maggior parte degli storici, nasce il 23 luglio 1921, anche se negli anni '40 venne istituita la data convenzionale del primo luglio per ricordare la nascita del partito. Inizialmente riscosse poco successo, si parla di una quindicina di persone che parteciparono alla prima riunione.
Con il passare del primo anno di vita, il partito cominciò a crescere in maniera significativa fino a diventare una vera e propria minaccia per il Kuomintang, ovvero il partito di Chiang Kai-shek che ai tempi era a capo della Cina.
La concorrenza tra le due fazioni portò a una guerra civile nel 1927, che causò la quasi disfatta del Partito Comunista. L'evento saliente della guerra fu la cosiddetta Lunga Marcia, che coinvolse l'esercito comunista in una disperata ritirata ordinata da Mao Zedong, capo del partito. I soldati marciarono per giorni, percorrendo un totale di circa 9.000 chilometri. La propaganda cinese fece passare la marcia come un lodevole atto di forza e coraggio, ma in realtà l'esercito perse quasi il 90% dei suoi soldati.
Nel 1937, con l'invasione giapponese della Cina, la guerra civile finalmente si concluse.
La Seconda Guerra Mondiale
Nel 1937, con lo scoppio della seconda guerra mondiale e l'invasione giapponese, il Partito Comunista e il Kuomintang si videro costretti ad unire le forze per poter resistere al Giappone. Ancora una volta, la propaganda degli anni successivi ha glorificato il successo militare dell'esercito comunista e i soldati caduti per la causa. Tuttavia, le maggiori operazioni di guerra non vennero svolte dal Partito Comunista e, per di più, la maggioranza delle vittime facevano parte dell'esercito del Kuomintang.
La nascita della Repubblica Popolare Cinese
Con la conclusione del conflitto mondiale, le tensioni tra i due partiti si acuirono nuovamente, portando alla riaccensione della guerra civile nel 1945. Il Kuomintang, pur essendo sostenuto dagli Stati Uniti, uscì dalla guerra stremato dalla lunga resistenza al Giappone, e il suo sistema inefficiente e fallace non riuscì a contrastare l'avanzata comunista. Nel 1949, il Partito Comunista riuscì a conquistare Pechino, e il 1° ottobre dello stesso anno Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese.
Ciò che restava del Kuomintang si rifugiò a Taiwan, dove riuscì a mantenere l'indipendenza.
Il Governo di Mao Zedong
Mao Zedong rimase al potere dal 1949 fino alla sua morte, avvenuta quasi trent'anni dopo, nel 1976. Questo trentennio fu caratterizzato da continui mutamenti politici e sociali, e le tragedie causate dal suo governo non furono poche.
La politica interna di Mao si basò principalmente su una collettivizzazione delle terre rapida e forzata. Gli espropri furono effettuati a danno di piccoli e grandi proprietari terrieri, mentre migliaia di cinesi, considerati nemici del progetto, furono uccisi. Successivamente, Mao avviò un processo di industrializzazione che prevedeva la conversione dei contadini cinesi in operai. L'intero paese fu coinvolto in un'assurda corsa alla produttività, con ritmi lavorativi disumani per la popolazione.
Nonostante i grandi sacrifici della popolazione, la strategia economica di Mao si rivelò fallace, portando alla morte di milioni di cittadini e alimentando la diffidenza del popolo e delle élite nei confronti del governo.
La Rivoluzione Culturale
Nel 1966, Mao Zedong cercò di riscattarsi dal fallimento della sua politica economica con un rafforzamento delle autorità interne al partito. Nacquero così le Guardie Rosse, un gruppo di giovani cinesi cresciuti con il culto della sua persona, il cui obiettivo era riportare il paese alla purezza originale dello stato post-rivoluzione.
Deng Xiaoping
Dopo la morte di Mao, Deng Xiaoping salì al potere e, in breve tempo, riuscì a rimediare a molti degli errori commessi dal suo predecessore. Dal 1979, introdusse una nuova politica economica che prevedeva l'apertura del mercato e la promozione della libera impresa, mettendo le basi per una crescita economica progressiva che tirò fuori dalla povertà milioni di cittadini cinesi.
Riformò anche il sistema politico, limitando il mandato del presidente e del segretario generale a cinque anni e eliminando il culto della persona che Mao aveva introdotto.
L'importanza di Deng Xiaoping risiedeva nel fatto che riuscì a instaurare un nuovo rapporto tra il Partito e il popolo cinese, favorendo una certa crescita economica e un aumento delle libertà personali. In cambio, però, lo stato mantenne il controllo assoluto sulla politica del paese.
Nonostante ciò, Deng non esitò mai ad usare la violenza per reprimere il dissenso.