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Bełżec

Campo Nazista

Luogo: Polonia

Tipologia: sterminio

Apertura: febbraio 1942

Liberazione: estate 1944

Numero morti: 600.000 persone

Visitabile:

STORIA

All’inizio del 1940, in quella zona, è entrato in funzione come campo di lavoro per gli ebrei di Lublino, impegnati nello scavo di un grande fossato anticarro di protezione al confine con l’Unione Sovietica. Una volta terminati i lavori, il campo viene smantellato.

 

Il 13 ottobre 1941, Heinrich Himmler da l’ordine d’iniziare il processo di “arianizzazione” dell’area e d’iniziare la costruzione del primo campo di sterminio del Governatorato Generale a Bełżec. Questa zona viene scelta per tre motivi: zona isolata circondata da grandi boschi; vicinanza alla stazione ferroviaria di Bełżec collegata a sua volta, alla grande linea principale che congiungeva Varsavia, Lublino, Rawa Ruska e Leopoli; presenza di un fossato anticarro scavato precedentemente per ragioni militari e molto utile come funzione futura di fossa comune. Il 1° novembre, iniziano i lavori per la costruzione del campo con l’aiuto di manodopera polacca locale e, in seguito, di collaborazionisti ucraini provenienti dal campo di Trawniki, ex prigionieri di guerra ormai collaboratori dei tedeschi; in seguito, aiutano la costruzione anche i deportati ebrei. Verso la fine di febbraio 1942, il tutto viene concluso.

 

L’intero campo occupa un’area relativamente piccola, quasi quadrata. La recinzione esterna è camuffata con rami d’albero per coprire alla vista esterna le azioni compiute nel campo. Durante la successiva riorganizzazione del campo, lo spazio tra le due recinzioni viene riempito con spirali di filo spinato.

Oltre ciò, vi sono diverse torri di osservazione: una di queste, quella centrale, è equipaggiata con una mitragliatrice pesante e proiettori per il controllo notturno. Vi è, poi, la presenza di una zona separata per le guardie collaborazioniste ucraine ad est del cancello principale: quest’ultima include tre baracche, comprendenti due grandi capanne e una più piccola struttura. Il personale tedesco di guardia al campo e l’amministrazione risiedono in due villette fuori dal campo, nei pressi della strada principale. Il campo viene, inoltre, dotato di un binario lungo circa 2km che dall’interno del campo si collega con la linea principale a 400m dalla stazione di Bełżec.

 

Il 17 marzo 1942, le tre camere a gas in legno presenti nel campo iniziano ad operare ufficialmente: le prime vittime sono ebrei deportati dai ghetti di Lublino e Leopoli. In queste prime operazioni di sterminio il meccanismo delle camere è ancora problematico e normalmente solo una o due possono essere operative contemporaneamente causando così ritardi. In più, i corpi seppelliti una volta in stato di putrefazione si gonfiano così da far ripetere il processo di copertura: questo problema viene risolto, in seguito, dalla creazione di forni crematori. Sin da subito, le tre camere a gas risultano insufficienti a causa dei continui convogli, sempre in aumento, provenienti da Cracovia e Leopoli. Viene, quindi, costruito un nuovo complesso di sei camere a gas in cemento; quelle in legno, a questo punto, vengono distrutte. Queste nuove camere riescono a fare ben mille vittime per volta: questa tipologia di camere a gas vengono riprodotte a Sobibór e Treblinka.

I treni dei deportati sono solitamente formati da 40-60 vagoni, contenenti mediamente un centinaio di persone a vagone: spesso, vagoni con una capienza massima di 50-60 persone, vengono caricati con fino a 200 prigionieri con l’utilizzo di fruste e bastoni secondo una tecnica consolidata. I trasporti avvengono in condizioni disumane: senza mangiare o bere, privi di servizi igienici, i deportati si ritrovano ricoperti dai loro escrementi; molti di questi, soffocano per mancanza d’aria. Una volta arrivati a destinazione non sono presenti selezioni, né baracche per la detenzione dei prigionieri, né immatricolazioni, salvo per quelli della manovalanza del campo e lo smaltimento dei cadaveri; questo perché a Bełżec non si stermina con il lavoro ma solo direttamente con il gas.Circa 15 vagoni per volta entrano nel lager e scaricano i prigionieri: giunti a destinazione si sente dagli altoparlanti la voce suadente del comandante, alternata a musica, che da loro il benvenuto e chiede collaborazione, spiegando che questo è un campo di transito dov’è necessario, per prassi igienica, essere inviati alle docce per un bagno di pulizia, avere disinfettati gli abiti e che le donne avessero tagliati i capelli; in seguito, ci sarebbe stata una calda zuppa fumante. Una volta ripuliti e rifocillati sarebbero poi stati smistati verso nuovi e piacevoli insediamenti ebraici di lavoro; molti applaudivano contenti e ringraziavano il comandante. In 4 o 5 ore al massimo, un intero treno sovraccarico di persone viene fatto fuori nelle “docce”. Con le nuove camere a gas, viene aggiunta una seconda rampa per consentire uno scarico di 40 vagoni contemporaneamente.

Coloro che, una volta sentito l’annuncio al loro arrivo, non mostrano calma ma danno segni d’irrequietezza, escandescenza o aizzano la folla, vengono portati alla “fossa di esecuzione”: un luogo appartato in cui vengono uccisi sul momento con armi di piccolo calibro. Panico e/o ribellioni avrebbero ritardato le operazioni di sterminio e ostacolato le partenze dei treni verso il lager e l’arrivo di quelli già in viaggio. Tutti questi ordini vengono fatti eseguire in fretta, in modo da non lasciar alle vittime nemmeno il tempo di pensare; lungo il percorso che conduce alle camere a gas vi sono cartelli con indicazioni sul bagno e la disinfezione, finti tubi e finti irroratori d’acqua. Per illudere ulteriormente le vittime, all’ingresso dell’edificio vi è una grande Stella di David come ad indicare bagni riservati agli ebrei. A concludere questa cornice, un ulteriore cartello con su scritto “Fondazione Hackenholt”, una specie di firma di Lorenz Hackenholt: principale responsabile della costruzione e della gestione delle camere a gas di Bełżec.

Dopo essere entrati nelle camere a gas con le mani alzate per occupare meno spazio possibile e tenendo in alto neonati e i bambini più piccoli, sembra di essere in una sala doccia vera e propria. Una volta chiusi all’interno, poco prima dell’immissione del gas, viene applicata una tecnica di accensione e spegnimento della luce così da innescare il panico che aumenta la respirazione e, quindi, anche l’efficacia del gas. Le vittime muoiono in circa 30 minuti di atroci spasimi.

Una volta finito il processo la porta viene aperta ed i corpi cadono fuori; a questo punto, i “dentisti” del Sonderkommando estraggono l’eventuale oro odontoiatrico dalla bocca delle vittime e controllano minuziosamente che nessun oggetto di valore fosse nascosto sui corpi. Non essendoci forni crematori, i cadaveri vengono seppelliti in decine e decine di estese fosse comuni.

 

Per i piccoli trasporti di ebrei e zingari su brevi distanze, una versione rimpicciolita della tecnica basata sui Gaswagen, autocarri a gas, viene utilizzata anche a Bełżec. Le ragazze ebree adibite agli uffici del campo vengono uccise su questo autocarro negli ultimi giorni di operatività di Bełżec.

 

L’11 dicembre 1942, l’ultimo trasporto di ebrei arriva a Bełżec. Per questa data la maggior parte degli ebrei dell’area sono quasi completamente sterminati; per i pochi rimasti, si pensa che il nuovo grande complesso in costruzione ad Auschwitz potesse essere utilizzato in maniera più economica. A partire dal novembre 1942 e fino al marzo 1943, su ordine di Himmler, tutti i corpi delle vittime vengono riesumati e cremati su grandi pire di legna alternate con binari; così da nascondere le prove del massacro. Nella primavera 1943, terminate le cremazioni, il campo viene completamente distrutto: le baracche e le camere a gas vengono smantellate e gli elementi recuperati inviati a Majdanek per la manodopera nella costruzione di quest’ultimo.

Tutta l’area viene camuffata piantando abeti e lupini selvatici. Le villette esterne al campo, proprietà delle ferrovie polacche prima della guerra, vengono lasciate intatte. Una volta terminato tutto questo processo di nascondiglio e camuffamento delle prove, i prigionieri incaricati di ciò vengono mandati a Sobibór e qui sterminati.

A causa degli sforzi nazisti di nascondere le prove dell’esistenza del campom quasi tutte le traccia del sito sono sparite. Alcune delle fosse comuni contenenti le vittime, in parte bruciate e poi frettolosamente ricoperte, negli anni successivi al conflitto vengono profanate da alcuni abitanti della zona alla ricerca di eventuali valori sepolti con i cadaveri: quest’evento viene ampiamente condannato dalla stampa polacca dell’epoca ma, nonostante ciò, tale pratica prosegue. Negli anni ’60, l’area dell’ex campo viene recintata (non in modo esatto) e sorgono alcuni piccoli monumenti. Prima del 1989, a causa dell’isolata posizione, solo un piccolo numero di persone visita l’area: il tutto sembra ampiamente dimenticato e trascurato. Nel 1989, una volta crollato il regime comunista, la situazione inizia lentamente a migliorare: arriva a Bełżec un numero crescente di visitatori interessati a visitare i luoghi dell’Olocausto; molti hanno una reazione negativa alla scarsa manutenzione e cura del sito. Alla fine degli anni ’90, vengono eseguite diverse ricognizioni per determinare precisamente l’estensione del campo e capire meglio il funzionamento dello stesso. Tutti gli edifici costruiti dopo la guerra vengono demoliti e, nel 2004, viene inaugurato un nuovo grande monumento a memoria delle vittime.

DEPORTATI ITALIANI

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Non ci sono evidenze documentate di deportati italiani in questo campo.

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